LO STUDIO COME “ATTO DI SPERANZA”

NELLE PAROLE DEL NEO CARDINALE TIMOTHY RADCLIFFE

(teologo, già superiore dei Domenicani)

[da AVVENIRE, 3.12.2024…]

Leggendo le sue riflessioni mi ha colpito la definizione dello studio come atto di speranza. Spesso noi guardiamo al teologo come a una figura distante. Lei invece lo definisce «un mendicante che sa come ricevere i doni del tutto gratuiti del Signore».

Gli uomini sono stati definiti “esseri in cerca di significato”. Desideriamo soprattutto che le nostre vite abbiano un senso. Václav Havel, il drammaturgo diventato presidente della Repubblica Ceca ha detto che la nostra speranza non è pensare che tutto andrà bene ma che le nostre esistenze hanno un significato. In questo senso lo studio rappresenta molto più che acquisire qualifiche per poter trovare lavoro. Dalla fisica alla biologia, dalla letteratura alla poesia, dalla storia alla psicologia, tutto lo studio è orientato a capire chi siamo e perché esistiamo. I cristiani credono che il senso della vita sia pienamente rivelato nella Parola fatta carne, Gesù che ha trionfato sulla morte e sull’odio. Ma comprendiamo Lui e il significato delle nostre vite con l’aiuto di quanti abbiano la passione di capire, siano essi scienziati o registi o amanti della natura. Credo che chiunque voglia appassionatamente capire, sia sulla via di Dio. Alla fine, la nostra speranza è che, come diceva San Paolo, «conosceremo perfettamente come anche noi siamo conosciuti» (1 Corinzi 13,12). Perché vedremo l’Amore Divino nella visione beatifica, che è il significato ultimo di tutto.

Avvenire martedì 3 dicembre 2024