Teilhard non ha scritto pubblicazioni specifiche, tuttavia il tema di questo mese ha attinenza con il suo pensiero. Leggete fino in fondo!
Dal mezzogiorno del primo agosto alla mezzanotte del giorno seguente (2 agosto), oppure, col permesso dell’Ordinario (Vescovo), nella domenica precedente o seguente (a decorrere dal mezzogiorno del sabato fino alla mezzanotte della domenica) si può lucrare una volta sola l’indulgenza plenaria.
CONDIZIONI RICHIESTE:
1 – Visita, entro il tempo prescritto, a una chiesa Cattedrale o Parrocchiale o ad altra che ne abbia l’indulto e recita del “Padre Nostro” (per riaffermare la propria dignità di figli di Dio, ricevuta nel Battesimo) e del “Credo” (con cui si rinnova la propria professione di fede).
2 – Confessione Sacramentale per essere in Grazia di Dio (negli otto giorni precedenti o seguenti).
3 – Partecipazione alla Santa Messa e Comunione Eucaristica.
4 – Una preghiera secondo le intenzioni del Papa (almeno un “Padre Nostro” e un’“Ave Maria” o altre preghiere a scelta), per riaffermare la propria appartenenza alla Chiesa, il cui fondamento e centro visibile di unità è il Romano Pontefice.
5 – Disposizione d’animo che escluda ogni affetto al peccato, anche veniale.
Le condizioni di cui ai nn. 2, 3 e 4 possono essere adempiute anche nei giorni precedenti o seguenti quello in cui si visita la chiesa; tuttavia è conveniente che la Santa Comunione e la preghiera secondo le intenzioni del Papa siano fatte nello stesso giorno in cui si compie la visita.
L’INDULGENZA: che cosa è?
I peccati non solo distruggono o feriscono la comunione con Dio, ma compromettono anche l’equilibrio interiore della persona e il suo ordinato rapporto con le creature. Per un risanamento totale, non occorrono solo il pentimento e la remissione delle colpe, ma anche una riparazione del disordine provocato, che di solito continua a sussistere. In questo impegno di purificazione il penitente non è isolato. Si trova inserito in un mistero di solidarietà, per cui la santità di Cristo e dei santi giova anche a lui. Dio gli comunica le grazie da altri meritate con l’immenso valore della loro esistenza, per rendere più rapida ed efficace la sua riparazione. La Chiesa ha sempre esortato i fedeli a offrire preghiere, opere buone e sofferenze come intercessione per i peccatori e suffragio per i defunti.
Nei primi secoli i Vescovi riducevano ai penitenti la durata e il rigore della penitenza pubblica per intercessione dei testimoni della fede sopravvissuti ai supplizi. Progressivamente è cresciuta la consapevolezza che il potere di legare e sciogliere, ricevuto dal Signore, include la facoltà di liberare i penitenti anche dei residui lasciati dai peccati già perdonati, applicando loro i meriti di Cristo e dei santi, in modo da ottenere la grazia di una fervente carità. I pastori concedono tale beneficio a chi ha le dovute disposizioni interiori e compie alcuni atti prescritti. Questo loro intervento nel cammino penitenziale è la concessione dell’indulgenza.
(C.E.l. – Catechismo degli adulti, n. 710)
Il Perdono di Assisi (2 agosto)
Una notte fu rivelato dal Signore a san Francesco che si recasse da papa Onorio, dimorante in quel tempo a Perugia, per impetrare una straordinaria indulgenza, che comportava la remissione dei peccati (la colpa veniva perdonata con l’assoluzione), nonché un atto riparatore dei peccati commessi, ossia la pena, detta penitenza (“per penitenza dirai…, farai…”).
All’epoca tre erano le grandi mete cui avrebbero potuto accedere i peccatori bisognosi di un dono così grande: Roma, da cui i Romei; Santiago de Compostela, da cui i Giacobei nonché la lontana Terrasanta, dove erano indirizzati i Palmieri.
Di fronte alle difficoltà di simili trasferte, ovviamente improponibili per i poveri, Francesco avanzò la richiesta che tale indulgenza si potesse agevolmente ottenere alla Porziuncola. Per avallare un editto così straordinario, Francesco aggiunse che «di tale strumento Maria costituiva la carta, Cristo fungeva da notaio, e gli Angeli ne erano i testimoni». Con grande audacia il Poverello formulava in questi termini una richiesta, che dichiarava comprovata dagli stessi Esseri celesti.
(cf Diploma di Teobaldo, Fonti Francescane, 3391-3399. Il documento porta la data, Assisi 10 agosto 1310.
Perdonare, per molti è impossibile. E questo accade perché non si ritiene corretto perdonare chi ci ha trattato male, chi ci ha offeso ingiustamente o ci ha danneggiato. Eppure, il perdono è una scelta possibile da cui scaturiscono forza, amore, benessere.
Ne è convinto lo psicoterapeuta Alberto D’Auria che nel suo libro Il potere terapeutico del perdono (Sugarco, pp. 155) scrive:
“Il perdono diventa un atto di liberazione, un comportamento che assume rilevanza dal punto di vista psicologico oltre che spirituale. È un percorso che aiuta a stare bene e che accompagna l’essere umano nel cammino di realizzazione personale e sociale”.
Il perdono può essere visto come un atto che contribuisce all’evoluzione spirituale dell’umanità. Per Teilhard, l’amore è una forza cosmica che guida l’evoluzione verso l’unione divina, e il perdono è una manifestazione di questo amore. Attraverso il perdono, gli individui possono superare le divisioni e le ferite, contribuendo così al progresso spirituale collettivo.