La Civiltà Cattolica, 4146 marzo/aprile 2023, pp. 521-536
recensione di Luciano Mazzoni Benoni
In questo intervento, il Direttore della Rivista -autorevole interprete di papa Francesco- legge i 10 anni del pontificato e li analizza secondo l’ottica di questa virtù: rilevantissimo attributo di Dio, non solo nella religione cristiana.
Il tema è certamente importante per Jorge Bergoglio: l’ha inserito nel motto episcopale (“Miserando atque eligendo”), traendolo dalle Omelie del monaco venerabile Beda; esso è sempre presente; nel solo 2013, vale a dire nei primi 9 mesi del suo pontificato, l’ha nominato ben 200 volte; gli ha dedicato la Bolla Misericordiae Vultus ed il Giubileo straordinario del 2015.
Inoltre, rileva p. Spadaro, Bergoglio compie una operazione linguistica attorno a quel vocabolo: “tramuta un sostantivo (misericordia) in un verbo (misericordiare), nella forma del gerundio (misericordiando)”. Per precisare al riguardo: per lui, “la misericordia deve perdere la sua fissità di «atto», per diventare «processo», dinamismo. Non ergon, ma energheia, energia. Il processo e l’energia si sviluppano nel tempo”.
Ma la chiave di lettura proposta è segnatamente di carattere storico. Ad avviso di p. Spadaro, la misericordia ha per papa Francesco “una dimensione radicalmente temporale”.
Infatti, continua p. Spadaro, “La misericordia esprime un’energia che si dispiega nel tempo più che nello spazio; avvia processi, più che essere un fatto isolato e definito, chiuso in sé. E il tempo è superiore allo spazio, perché nel tempo si svolge un processo di sviluppo, di crescita”
Sicchè la misericordia è declinabile al passato, come al presente; ma “conversione significa ricomprendere il passato come premessa per un nuovo futuro. Questa è la potenza della misericordia. Essa agisce sul passato in vista di un futuro liberato dalla zavorra del peccato, del male”. Qui agisce l’energia rivoluzionaria di Gesù: «Gesù rivoluziona anche le coscienze nel Discorso della montagna (cfr. Mt 5), aprendo nuovi orizzonti per l’umanità e rivelando pienamente la logica di Dio. La logica dell’amore che non si basa sulla paura, ma sulla libertà» (omelia del 15 febbraio 2025). La Chiesa è chiamata quindi a reintegrare più che a emarginare; ecco i ministri della Chiesa invitati ad essere “ministri di misericordia”, in una Chiesa fattasi “ospedale da campo”, in cui la cura e la pazienza diventano terapia, che contempla: abbraccio, empatia, consolazione.
Dunque la misericordia è nel tempo, anzi richiede tempo: “richiede una tensione verso il futuro, senza il quale non ha senso. C’è un processo di miglioramento progressivo che deve restare aperto. Ogni ostacolo rigido che impedisce un percorso di miglioramento è un’offesa alla misericordia di Dio”.
Ma non solo: essa può addirittura “mutare il significato dei processi storici”.
Infatti, “la misericordia di Dio si inserisce all’interno delle vicende di questo mondo”. Papa Francesco lo ha dichiarato il 1 gennaio 2016 (49.ma Giornata Mondiale della Pace): «Un fiume di miseria, alimentata dal peccato, sembra contraddire la pienezza del tempo realizzata da Cristo», ma «questo fiume in piena non può nulla contro l’oceano di misericordia che inonda il nostro mondo. Siamo chiamati tutti a immergerci in questo oceano».
“Questa dunque è la potenza della misericordia: mutare il significato dei processi storici, sciogliendone le fangosità e travolgendone i detriti. «Misericordia, questa parola cambia tutto. È il meglio che noi possiamo sentire: cambia il mondo».
Non resta da aggiungere nulla a questo sigillo di papa Francesco, che conclude l’articolo.
Grazie a tale chiave di lettura, la teologia della storia potrebbe riprendere il suo spazio, da tempo piuttosto messo ai margini della riflessione contemporanea: molto ripiegata su se stessa, anche in ambito cristiano, in questa epoca di basse aspettative. Ed è in tale prospettiva che siamo invitati ad avviarci verso il Giubileo del 2025 nel segno della speranza.