a cura di L. M. B.
NEHIL SHUBIN,
Costruire la vita.
Quattro miliardi di anni dai fossili al Dna
Adelphi 2024, pagg. 296 € 28
L’autore è paleontologo, biologo evoluzionista e divulgatore scientifico americano, nonché docente di Biologia e Anatomia Organistica; già noto per alcuni precedenti pubblicazioni di alta divulgazione scientifica, ma ancor prima per una scoperta del 2004: un fossile di pesce “Tiktaalik roseae” di particolare valore perché si trattava della prima specie con caratteristiche anatomiche in grado di consentirew la locomozione agli animali terrestri (testa piatta, collo, spalle-gomito-polso compattate nella membrana della pinna).
In questo volume Nehil Shubin mette a fuoco le dinamiche evolutive, che oggi possono essere fortemente aiutate dalla genomica.
Alla base di tale ricerca c’è un’illuminazione aforistica attinta da Lillian Hellman – «Ovviamente nulla comincia nel momento in cui pensi tu» –, ed elevata ad audace idea-guida: le innovazioni biologiche «non insorgono mai nel corso della grande transizione a cui sono associate», ma «hanno antecedenti nel tempo profondo». Intrecciando piano storico e piano concettuale, Shubin riconduce le più recenti stazioni di questa messa a fuoco (dove paleontologia e biologia evolutiva vengono integrate da genetica e biologia dello sviluppo) ai tanti pionieri misconosciuti, visionari ed eterodossi, che le hanno anticipate, e chiarisce tutti gli snodi dialettici – a partire da quello tra «gradualismo» e «saltazionismo» nell’evoluzione – soggiacenti alla fantasmagoria di «assemblaggi» richiesti agli organismi per adattarsi a ogni ambiente. E non cessa, in questo libro spiazzante e densissimo, di alimentare una domanda cruciale, che investe il rapporto tra caso e necessità nella «scultura dei viventi»: se cioè la nostra esistenza sulla Terra sia (anche) un effetto accidentale o solo l’esito di un percorso inevitabile.
Nella esauriente recensione di Gilberto Corbellini su Il Sole 24 ore (“Quando i pesci sono diventati terrestri”, Domenica 14 luglio 2024, pag. VII), viene messa in evidenza la tesi di fondo: “i cambiamenti significativi nell’evoluzione iniziano sempre «prima» di risultare adattamenti strategici”. Annotando come, “Non solo le specie possono evolvere acquisendo nuove funzioni per tratti preesistenti, come aveva già intuito Fèlix Vicq D’Azyr (1748-1794), ma anche facendo copie di diverse parti o perdendo pezzi”.
Questa tesi può favorire una comprensione molto più avveduta, e quindi assai meno schematica e meccanicistica, rispetto a quanto spesso espresso nelle illustrazioni dei processi evolutivi: forse aiutando a scorgere cambiamenti in atto che preludono a mutamenti di un futuro più o meno distante: anche per la specie umana.