di Marina Zaoli
L’evoluzione sta andando avanti e, tra una difficoltà e l’altra, sta cercando di raggiungere quel mondo sempre più perfetto, armonioso, pieno di amore e di benessere per tutti, in ogni parte della terra, a cui dovremmo essere destinati.
“Per quanto autonoma sia la nostra anima, essa è l’erede di una esistenza prodigiosamente elaborata, in precedenza, dall’insieme di tutte le energie terrestri: incontra e raggiunge la Vita ad un determinato livello. Ora, non appena si trova impegnata nell’Universo in quel punto particolare, essa si sente a sua volta assediata e penetrata dal flusso delle influenze cosmiche da ordinare e da assimilare […..] per tutti i varchi, il mondo sensibile ci immerge nelle sue ricchezze: alimento per il corpo e cibo per gli occhi, armonia dei suoni e pienezza del cuore, fenomeni ignoti e verità nuove, tutti questi tesori, tutte queste stimolazioni, tutti questi appelli, giunti dai quattro angoli del Mondo, ad ogni momento attraversano la nostra coscienza.” [1]
Purtroppo, però, non tutto procede sempre così bene e così speditamente come vorremmo, ed anche ora stiamo assistendo ad un colpo di coda di mentalità ormai superate, di stadi di sviluppo che non hanno più motivo di essere.
Come anche Piaget aveva scoperto e come Teilhard ci ha mostrato, non tutta una popolazione di individui raggiunge lo stesso stadio di sviluppo nello stesso momento e in tutte le parti del mondo.
Il 24 febbraio 2022 ce ne siamo accorti in maniera incontrovertibile, violenta, e in una parte del mondo che credevamo a un livello di maturazione simile al nostro.
Mentre l’Europa e il mondo intero stavano cercando di recuperare la normalità e il benessere dopo la pandemia di Sars–covid 19, che aveva fermato per più di due anni la tranquillità, le speranze e le aspettative di sviluppo e di crescita dell’intero pianeta, ecco arrivare un’invasione direttamente dentro l’Europa. Solo settantasette anni dopo la fine di due guerre mondiali devastanti di cui ancora portiamo i lutti e le ferite, e che ci avrebbero dovuto insegnare a non ripetere mai più niente di simile. Un incubo ricorrente, invece, che ci tormenta in maniera sistematica, e che ci coglie, questa volta in particolare, ancora più disperatamente di sorpresa. Una sorta di seconda notte dei cristalli (1938), una ripetizione dell’incendio dei libri (1933) da parte dei nazisti, tentativo più che simbolico di distruggere col fuoco, una delle più antiche armi di eliminazione totale, i nostri valori, la nostra cultura, il nostro credo. Tentativo che, visto a posteriori, è più che fallito.
Sembra impossibile, ma ancora una volta, ad opera di un unico tiranno e dei suoi pochi seguaci, stanno morendo persone pacifiche, oneste, che conducevano la loro vita in tranquillità, e le milizie e i giovani militari di due grandissimi paesi. E questo per cosa? Per una ormai superata mentalità derivante dal passato, per una eccessiva avidità, per il tentativo di rubare la ricchezza di un paese agli aventi diritto. Con le motivazioni più assurde, vendute invece ammantate di ideali etici o addirittura di aiuto per l’avversario. Un ritorno ai superati principi dei regimi patriarcali che pretendevano la conquista con la forza, la dedizione cieca e totale al capo (la Bielorussia sarà obbligata a entrare in guerra?), l’annientamento del rivale.
È questo un modo di vedere di stadi inferiori di sviluppo, un passo indietro nell’evoluzione, che la razza umana non dovrebbe mantenere, nè a livello familiare, nè sociale, nè tantomeno politico.
Ma l’uomo è sempre stato aggressivo? Ha sempre creato lotte e guerre? La risposta è: no.
Vediamo da dove sono iniziate e perchè.
“A dire il vero, dal punto di vista biologico, la fuga sembrerebbe molto più efficace della lotta, agli effetti dell’autoconservazione. Una conclusione che non apparirà affatto buffa, anzi del tutto ragionevole ai leaders politici e militari. Essi sanno per esperienza che la natura umana, a quanto pare, è poco incline all’eroismo, e che bisogna darsi molto da fare per motivare l’uomo a lottare e per impedirgli di fuggire e salvare la vita.”[2]
Fa parte della nostra memoria recente il posizionamente dei carabinieri dietro le truppe d’assalto nella prima guerra mondiale. Chi non aveva il coraggio di procedere veniva fucilato alle spalle.
Anche ora, dopo i primi 7 mesi di guerra, i giovani russi, in età da poter venir richiamati e ormai a conoscenza della vera motivazione del conflitto, sono fuggiti fuori dei confini della loro patria, senza alcuna garanzia, ma al sicuro da un arruolamento forzato e per motivi che non condividono.
Ricostruire invece quelli che sono stati i rapporti sociali prima del Neolitico, non è facile, ma fino a non moltissimi anni fa, si potevano ancora conoscere e studiare popolazioni che vivevano in uno stadio di sviluppo rapportabile a quello. Forse la documentazione più esplicativa che riusciamo ad avere del più antico modo di vivere è quello praticato dalla tribù dei Mosuo, che è rimasta isolata completamente per motivazioni geografiche e, fino a pochi anni fa, quando anche lì è arrivato il turismo, aveva mantenuto un regime matriarcale, in cui a capo del villaggio c’era una donna anziana, che reggeva e controllava tutti i rapporti sociali. La vita sociale dei Mosuo era strutturata in modo che i figli, sia maschi che femmine, rimanessero a vivere all’interno della casa materna, in quanto l’unica riconosciuta come propria, per via della discendenza femminile. Quindi solo i fratelli facevano parte della stessa famiglia e tutti vivevano con la propria madre. I figli partoriti dalle giovani donne facevano a loro volta parte di quella famiglia ed anche se i padri potevano essere conosciuti, chi si occupava dei nuovi nati e della loro educazione erano i fratelli della madre. L’amore era libero, perché si pensava fosse un sentimento che non potesse essere imbrigliato. Le ragazze sceglievano un partner con cui vivere una storia più o meno lunga, poi, se attrazione e amore finivano, si lasciavano. In questo modo però, essendoci abbastanza possibilità di scambio e di soddisfazione per tutti, non si creavano eccessive rivalità. C’era anche una figura maschile di una certa importanza, che aveva funzione sia sacerdotale che di guaritore, ma aveva meno potere della Damu, l’anziana a capo del villaggio. Non esistevano differenze sociali e solo ora che sta arrivando il turismo si stanno creando dei diversi livelli socio-economici tra quelli che abitano sulle sponde del Lago Logu, loro fonte di acqua, cibo e ricchezza, tipico esempio naturale di divinità materna e nutritiva. Chi ha la casa sul lago può affittare stanze con un bel panorama, il che è ovviamente impossibile per quelli che hanno le abitazioni nelle zone più interne. Le case con la vista migliore vengono infatti affittate ai turisti e i loro proprietari stanno iniziando ad avere un surplus di beni e di potere di acquisto rispetto agli altri, cosa che non era mai successa prima. Che non esisteva proprio, in quanto tutto era comunitario.
Anche in altre tribù ancora a uno stadio primitivo, studiate all’inizio del ‘900, periodo di grande interesse per l’antropologia, questo non succedeva. Un esempio molto esplicativo è quello della tribù dei Pigmei dell’Africa centrale che vivono cacciando e raccogliendo, e, proprio per seguire le mandrie, sono una popolazione nomade, per cui non hanno nessuna necessità in più di quella che non possono soddisfare con la vita del e nel gruppo. Tra loro non c’è molta differenza di statura tra maschi e femmine, ma, comunque, proprio per la diversa connotazione fisica e ormonale, per il rallentamento dei movimenti nel ciclo e nella maternità, la caccia è riservata agli uomini e la raccolta alle donne. Per loro la foresta è la madre che elargisce tutto quello di cui hanno bisogno. In questi gruppi c’è una democrazia molto ben radicata e nessuno pretende niente dagli altri, anche perché non comporterebbe alcun vantaggio, e porterebbe invece ad annoiarsi ed essere visti come incapaci per non saper fare le cose che fanno tutti.
“In breve la motivazione dei cacciatori primitivi non era il piacere di uccidere, ma l’apprendimento e la performance ottimale di varie capacità e, in ultima analisi, lo sviluppo stesso dell’uomo.” [3]
La caccia, l’uccisione, era volta solo alla ricerca di cibo e c’era un grande rispetto e una grande venerazione per gli animali cacciati. La caccia era un rituale sacro e si supponeva che l’animale ucciso sarebbe ritornato per riformare la mandria, che si considerava essere sempre la stessa (sono stati riportati rituali eseguiti con un ciuffo di peli e una ciotola di sangue dell’animale ucciso, nella convinzione che sarebbe rinato).
Nelle caverne primitive e nelle pitture rupestri, che possiamo trovare in Europa e che corrispondono però già al periodo Magdaleniano, vediamo la memoria e la rappresentazione di quello che la caccia significava, come ad esempio in Francia e in Spagna, nei siti di Tuc d’ Audoubert, di Trois Frères, di Lascaux e Montespan,.
“La caccia stessa è un’avventura celeste, che esprime nel tempo forme eterne. E il rituale della caverna è – per così dire – il suo sacramento. E così queste mandrie celesti si trovano nell’abisso primordiale del cielo notturno [….] La caverna è l’abisso notturno senza tempo e le pitture sono i prototipi, le idee platoniche, le forme ideali delle mandrie terrene immerse nel tempo, le quali devono giocare – insieme con gli uomini – il gioco dell’animale maestro, della morte volontaria e della caccia sacramentale.” [4]
Tra i pigmei la vita familiare è tranquilla e generalmente praticano la monogamia, anche se in caso di disaccordo non ci sono problemi a separarsi. I rapporti sessuali, anche prima del matrimonio, sono liberi, quando però la ragazza resta incinta, tende a formarsi una coppia che rimane stabile.
“Abbiamo visto che, per quanto deboli, le relazioni di dominanza esistono fra gli scimpanzè. I rapporti sociali esistenti fra i popoli primitivi dimostrano chiaramente che l’uomo non è equipaggiato geneticamente per questa psicologia di dominanza-sottomissione…. gran parte del controllo sul comportamento era raggiunto semplicemente attraverso le norme e le usanze. Ma, presumendo che queste non bastassero a prevenire i comportamenti asociali, quali erano le sanzioni? Generalmente la punizione consisteva nell’isolare l’individuo, nel mostrargli minore cortesia; chiacchiere sul suo conto, derisione, in casi estremi l’ostracismo. Ma se una persona insisteva nell’errore e il suo comportamento danneggiava anche altri gruppi, poteva darsi che il suo stesso gruppo decidesse di ucciderlo. Tali casi erano, però, estremamente rari, e quasi sempre i problemi venivano risolti dall’autorità dei maschi più saggi e più anziani del gruppo” [5]
Se due persone litigano all’interno delle comunità dei pigmei, in linea di massima la risoluzione del problema viene affidata a un anziano che possibilmente sia parente di entrambi, se invece è palese che uno abbia torto, è il villaggio stesso che può giudicare. Se la lite non si risolve in nessuno di questi due modi si possono attuare delle gare tra i due contendenti al posto di una vera lotta o battaglia tra i gruppi dei sostenitori.
Un esempio veramente particolare di questo è rintracciabile nelle società esquimesi dove i due avversari si prendono a testate mentre il villaggio guarda, ma ancora meglio quando si sfidano in una gara canora. Questa sfida serve per risolvere molti problemi, tranne l’omicidio. Il presupposto è che le parole delle canzoni siano come piccole schegge di legno che, con più potenza vengano lanciate, possano dimostrare la supremazia sull’avversario. Gli eschimesi della Groenlandia dell’est amano talmente il canto che spesso e volentieri, anche in una disputa, il piacere di cantare da parte di entrambi i contendenti è talmente forte da dimenticare la causa del diverbio. In quelle zone la capacità di cantare ha quasi più valore delle capacità e delle prestazioni fisiche.
Questi popoli sono abituati a condividere tutto e sono molto generosi, al punto da adombrarsi se vengono ringraziati per un dono, come se significasse che il loro atto gli fosse costato e non lo avessero fatto spontaneamente.
Inoltre, per chi crede nell’evoluzione, è estremamente interessante andare a valutare l’atteggiamento di una tribù di scimmie che si trovano solo nella Repubblica Democratica del Congo, nel centro Africa, di cui purtroppo sono rimasti pochi esemplari. Queste scimmie sono molto simili agli scimpanzè e sembra infatti si siano differenziati in questo modo per un sequestro geografico dopo un cambiamento del corso del fiume Congo. Il loro nome latino è ‘Pan troglodytes‘, ma vengono volgarmente chiamate ‘Bonobo’. Vivono in una società di tipo matriarcale e in natura non presentano comportamenti di tipo aggressivo, tranne che in casi rarissimi, mentre lo presentano se si trovano in cattività (e vedremo tra poco che, come sempre, anche tra gli umani, le limitazioni della libertà e della creatività portino ad aggredire).
Le femmine dei Bonobo hanno una corporatura molto simile a quella dei maschi e hanno un’attività sessuale molto intensa, determinata anche dal fatto che, mentre le altre scimmie vanno in calore solo due volte all’anno, come quasi tutti i mammiferi, scatenando rivalità tra i maschi per potersi accoppiare, le femmine dei Bonobo mantengono attributi sessuali simili a quelli del calore che durano per un lungo periodo, permettendo parecchi accoppiamenti. I Bonobo hanno inoltre rapporti sessuali in una posizione frontale e si baciano sulla bocca (risultando, per l’insieme di queste caratteristiche, la razza più simile a quella umana).
La cosa però che ci interessa in particolare è che utilizzano la sessualità, e in particolare la masturbazione reciproca, per risolvere qualunque conflitto, e, perfino quando un gruppo di scimmie femmine trova un albero carico di frutta, per non litigare su chi debba scegliere per prima il cibo, si toccano reciprocamente i genitali, fino a che la tensione non si calma e a quel punto cominciano a mangiare insieme.
Lo stesso capita quando, per motivi di contrasto violenti in cui gli scimpanzè lotterebbero fino ad uccidersi, i Bonobo si calmano con una masturbazione reciproca, sia in maniera omosessuale che eterosessuale.
Sono molto intelligenti e sono in grado di accendere il fuoco con un fiammifero e arrostirci sopra delle cose. Ridono come gli umani. Hanno gravidanze distanziate di circa 5 – 6 anni, proprio per potersi prendere cura dei piccoli ed educarli (e ben sappiamo come più lungo è il tempo che i cuccioli passano con le madri, più la razza sarà evoluta). I maschi per potere avere rapporti con le femmine anziché lottare tra di loro si prendono cura di quella che gradiscono avere come compagna (praticamente le fanno la corte…). Sicuramente questa loro matrilinearità e questi comportamenti di parità sessuale, liberi e tranquilli ci ricordano la società e la socialità dei Mosuo.
A questo proposito, sono interessantissimi gli studi di Margaret Mead [6] su alcune popolazioni primitive che aveva potuto osservare, sempre a inizio ‘900. La Mead, per valutare come il comportamento attuato dagli individui si riferisse all’imprinting avuto nella primissima infanzia, rilevò che le modalità di cura e di messaggi educativi delle madri, ma anche dell’intera tribù sui figli, fosse assolutamente significativo per la definizione del loro comportamento futuro. Ma come tutti i popoli ancora primitivi non facevano guerre, al massimo scorribande nelle zone altrui per procurarsi quel che poteva servire, fossero pure nemici da sacrificare.
La Mead prese in considerazione 3 tribù, ad un livello ancora molto primitivo, di tre zone confinanti e molto vicine della Nuova Guinea, che avevano però un comportamento sociale molto diverso, differenziandosi da un popolo di mangiatori di teste a un popolo gentile e comunitario, ad uno artistico.
Le cose non sono però andate sempre così pacifiche come tra i Pigmei o gli Arapesh per la razza umana: fino a qui abbiamo infatti descritto piccole popolazioni che, proprio per essere rimaste isolate in zone del mondo lontanissime da quelle popolate da altri uomini, sono potute rimanere ad uno stadio primitivo, mantenendo equità totale tra tutti e uno stile di vita molto facile, tranquillo e felice. Le cose si sono invece complicate in maniera estrema nel prosieguo della vita di tanti altri popoli. Situazioni climatiche ostili, cambiamenti di flora e fauna, migrazioni degli animali, conquista di nuovi territori, aumento della popolazione con conseguenti carenze di cibo e di spazio, da cui maggiori motivi di liti, l’inizio dell’agricoltura, che ha portato ad una stanzialità in cui chi aveva zone più ampie da coltivare e più manodopera veniva privilegiato, hanno portato a situazioni diverse e a gravi problemi di disuguaglianze. Contemporaneamente a questo, la scoperta del potere procreativo maschile, che fino ad allora non era conosciuto, in quanto non si era riusciti a comprendere e collegare il nesso tra gli atti sessuali compiuti 9 mesi prima e la nascita del bambino, portarono ad un cambio totale, ad uno spostamento di tutti i valori e alla sostituzione delle divinità femminili matriarcali con le divinità maschili: l’avvento del patriarcato. Non c’era più la madre che amava e nutriva in ugual misura tutti i suoi figli, come la madre terra, sia maschi che femmine, in quanto tutti nati da lei, ma fratelli in rivalità tra loro, sottomessi ma invidiosi del padre e in forte competizione per procurarsi anch’essi potere, ricchezza e donne. Con le società stanziali, con l’inizio dell’agricoltura e dell’allevamento, con i primi rudimenti artigianali, inoltre, le ricchezze individuali e il valore sociale cambiarono in maniera totale rispetto a quelli delle popolazioni più primitive e precedenti il Neolitico, quelle che abbiamo appena descritto. Quelle in cui il nomadismo portava a costruirsi siti in cui dormire con ciò che si poteva trovare sul terreno in ogni luogo in cui si approdava, quelle in cui il cibo, la carne degli animali uccisi, non aveva possibilità di essere conservata, per cui era conveniente mangiarla tutti insieme. In cui anche la riuscita della battuta di caccia più spesso dipendeva dall’organizzazione dell’intero gruppo (come nei leoni per interderci) che dall’atto di un singolo.
“La collaborazione fra membri dello stesso clan era una necessità pratica per la maggior parte delle società che praticavano la caccia; lo stesso vale per la divisione del cibo. Dato che la carne è deteriorabile in quasi tutti i climi tranne l’Artico, non poteva essere conservata. Non tutti i cacciatori erano ugualmente fortunati nella caccia. Il risultato pratico era che i fortunati di oggi dovevano dividere il proprio cibo con i fortunati di domani.” [7]
La struttura sociale precedente, che per millenni aveva creato una realtà equa, più omogenea e sufficientemente stabile venne destrutturata e questo portò a nuovi ruoli e nuovi equilibri di tipo diverso. I messaggi educativi cambiarono completamente e da qui anche il comportamento individuale e sociale. Il bisogno, a livello familiare e di clan, della certezza maschile che i figli che il padre cresceva, nutriva, educava, proteggeva e in cui quindi doveva poter riporre la sua fiducia, essere più che certo della loro fedeltà, fossero propri e non di altri, portò alla chiusura e conseguente emarginazione di ogni figura femminile, alla normativa completa di ogni comportamento sessuale, alla difficoltà per i meno ‘fortunati’ di accedere a una equità oltre che sociale, anche di rapporto con l’altro sesso (come per i lupi).
Siccome poi mantenere il potere in mezzo a tanti rivali diventava sempre più difficile, iniziarono anche comportamenti molto più violenti e senza più alcun tipo di empatia.
Cominciarono le rivalità, le prime lotte e successivamente anche le guerre di conquista. Le società diventarono sempre più maschiliste e aggressive. Nell’antica Grecia, Sparta mantenne l’egemonia (e la gloria) per un lungo periodo in quanto c’era una cultura volta all’appropriazione di nuovi territori e alla cattura e sottomissione dei loro abitanti. Un giovane spartano poteva accedere all’identità di appartenente alla società degli uomini e dei guerrieri, ovvero degli Spartiati, solo dopo aver dimostrato di uccidere un Ilota, che era un appartenente alla classe sociale più bassa, formata dagli schiavi, individui di popoli che avevano perso con loro in battaglia. Per poter essere educati a tanta disciplina, violenza e spregio dell’altro, i bambini venivano allontanati dalla madre a 5 anni e tenuti e addestrati in comunità esclusivamente maschili. [8]
L’uomo si macchiò di ogni crimine e nefandezza e, in contemporanea, diventò sempre più sospettoso e paranoico, temendo, giustamente, di poter essere ripagato dai rivali o dai nemici, con la stessa sua moneta. Gli anni di decadenza dell’Impero Romano ne sono un ottimo esempio.
Inoltre il surplus di alcuni e l’impossibilità o la difficoltà di altri di riuscire a raggiungere gli stessi livelli di benessere, scatenarono rivolte e azioni selvagge. Attualizzando, un esempio eclatante di questo lo possiamo trovare nell’odio e nella rabbia feroce che ha provocato l’attacco alle Torri Gemelle di New York da parte di quei musulmani che si erano confrontati con il benessere e la libertà dell’occidente. Bin Laden aveva studiato e vissuto in America. Nelle culture di molti stati infatti, in cui per motivi religiosi e per il divieto della metà della loro popolazione, quella femminile, di poter contribuire alle risorse e al benessere della società, si può facilmente creare una notevole discrepanza nello stile di vita, nella ricchezza e nella libertà di esprimersi rispetto al mondo occidentale, mentre è oggi facile il confronto. Mantenedo poi la popolazione femminile in un tale stato di ignoranza, inevitabilmente l’educazione delle nuove generazioni rimarrà sistematicamente a dei livelli molto bassi.
Fiumi di inchiostro sono stati versati sulle motivazioni alla Seconda Guerra Mondiale e si è visto che un così largo consenso a Hitler era derivato dalla crescita esasperata della frustrazione, con conseguente aggressività, delle classi sociali più emarginate, già provate dalla precedente guerra e non soddisfatte dei risultati, che in simili situazioni vengono facilmente incanalate verso fini politici estremi, portando ad azioni sociali violentissime.
“Così ad esempio nella Germania dei primi anni trenta la base del successo nazista era costituita in larga misura dalla piccola borghesia tradizionale e dai circoli di ufficiali e studenti la cui carriera era stata interrotta, e non già, almeno in misura significativa dalla borghesia medio-alta… e certamente neppure dalla classe operaia […..] la stessa constatazione vale anche per gli stati del profondo sud degli USA: tra i bianchi poveri di laggiù l’aggressività raggiunge livelli altissimi […..] sono sempre i ceti che si collocano ai gradini inferiori, ai livelli più bassi della piramide sociale, quelli per i quali la vita ha scarso sapore, gli incolti, a rendersi conto di essere un po’ alla volta emarginati dal divenire sociale nel suo insieme; in costoro, privi come sono di spinte, di interessi, si va accumulando un irrefrenabile rabbia, un sadismo, che invece negli individui che creano qualcosa, che si sentono al centro del divenire sociale, o perlomeno non ai suoi margini, non prende forma. [9]
Non abbiamo ancora dati e analisi in proposito, ma sembrerebbe che l’attuale attacco della Russia all’Ucraina, non rientri in questo caso, essendo stata programmata prevalentemente dagli oligarchi, ma sia piuttosto ancora un residuo del bisogno di conquista di territori, di affermazione di potere, di ingiusta rapina, derivato forse da teorie di super – razze, ormai superate e che non hanno più motivo di essere, ma forse più semplicemte dal volersi appropriare delle ricchezze di un intero paese per aumentare le proprie. Non dobbiamo però dimenticare che le classi dominanti russe e, primo fra tutti il loro presidente, con grande probabilità avevano subito una fortissima frustrazione dal non essere riusciti a mantenere i territori conquistati alla fine della seconda guerra mondiale e aver perso piano piano negli anni il loro potere. Forse Putin sognava di recuperare il lustro di un impero sovietico ormani decaduto e di esserne il novello Zar, dimenticando come invece Gorbaciov avesse aperto nuovi promettenti confini economici e di amicizia con l’occidente. La crescita al giorno d’oggi non deriva dall’occupazione di territori e dalla sottomissione della loro popolazione, o dalla costrizione a lavorare per gli invasori. Sono cose di un passato che, seppur non troppo remoto e seppur con strascici a livello di piccoli o anche grandi boss locali, è ormai superato e non deve tornare. Dove hanno provato hanno fallito. E’ stato già ampiamente dimostrato. Non si può togliere libertà, creatività, scambi ai popoli, non cresce nulla, muore tutto. La crescita può funzionare solo nell’interscamibio delle proprie produzioni, nella ricerca, nel perfezionamento; la conquista deve essere sociale, culturale, relazionale, economica, volta al benessere di tutti, al miglioramento, alla costruzione e non alla distruzione. I conflitti si dovrebbero risolvere solo con rapporti economici e con accordi verbali (e perchè no canori? come tra gli esquimesi…).
“Mi sembra invece che, con la bomba atomica, la guerra possa trovarsi alla vigilia di essere doppiamente e definitivamente uccisa. Uccisa da prima nell’attuarsi (ciascuno di noi lo intravede e lo spera) a causa del medesimo eccesso di forze di distruzione messe tra le nostre mani e che rendono ogni lotta impossibile. Ma soprattutto (a ciò pensiamo meno) uccisa in radice, perché, in confronto alle possibilità di conquista che la scienza ci offre, battaglie ed eroismi guerrieri dovrebbero ben presto giungere a sembrarci cose fastidiose e superate. Per il fatto che ci è stato mostrato un vero obiettivo […..] convergere in un atmosfera di simpatia: proprio così, perché guardare tutti insieme, appassionatamente, a una stessa cosa significa inevitabilmente incominciare ad amarsi. Aprendoci un’uscita biologica, “filetica”, verso l’alto, lo scoppio che sembrava doverci fa arrivare alla distruzione ha come risultato quello di orientarci, di dinamizzarci, e infine (entro certi limiti) di umanizzarci. L’era atomica: era non di distruzione, ma di unione nella ricerca […..] dove le nostre lotte riprenderanno forse, e aspramente, ma con altri mezzi e su un altro piano. Si tratta dello spirito prometeico o faustiano: spirito di autonomia e di solitudine; l’uomo che si eleva, con le proprie forze e da solo, su un universo ostile è cieco; la crescita della coscienza che termina con un atto di possesso?
Si tratta, al contrario, dello spirito cristiano: spirito di servizio e di dono; l’uomo che lotta come Giacobbe per conquistare e per raggiungere un fuoco supremo di coscienza che l’attira; l’evoluzione della terra che si chiude in un atto di unione? [10]
Troppo ottimista Teilhard? Non credo. Credo solo che nell’euforia della fine della guerra non si fosse fermato a considerare come alcune frange di umanità avrebbero potuto rimanere arretrate, lente nel comprendere, ancora abbarbicate a vecchi sogni di un’antica gloria che non esiste più, che non sarebbe nemmeno più valutata da nessuno come positiva (tranne da alcuni personaggi similari e arretrati allo stesso modo). Ma ha ancora più ragione su un aspetto fondamentale: mentre la distruttività umana, rivestita eventualmente con ideali fasulli o fittizi o spostati per usi e fini personali, ha contiunuato a svilupparsi nei millenni, anche la costruttività ha sempre accompagnato il percorso dell’uomo. Nonostante tutto ci siamo aggregati, amati, aiutati, abbiamo ricercato e scoperto, e tutto questo è servito assolutamente a tutti. E’ come se, nel nostro percorso di crescita, la nostra natura ci portasse a credere e voler costruire, attraverso l’idea di un amore universale che ci sovrasta e che ci serve da esempio: l’amore di Dio, che è dentro di noi. Sia chi crede, sia chi non crede, ha infatti insiti nel profondo determinati valori, che potremmo anche definire ‘morali’ che, senza questa super-animazione divina, la coscienza di avere un unico Padre, non avrebbero motivo di esistere.
“In sintesi, in un modo come nell’altro, il Divino che si congiunge, attraverso ogni Materia, alla totalità dell’Umano, verso l’infinito dei tempi, in avanti.” [11]
In questi terribili momenti, in cui l’informazione ci permette di seguire passo passo tutti gli scempi e le nefandezze compiute dagli aggressori a un popolo che stava pacificamente costruendo la propria vita e migliorando la propria patria, sembra quasi che tutto questo sia impossibile, eppure è già successo, e gli anziani ancora se lo ricordano perchè era meno di 100 anni fa, e alla fine di tutto, se riusciremo a non arrivare alla guerra atomica, seppelliti i morti con così tanto dolore, ricominceremo però a credere in un futuro, a ricostruire e a pregare.
“Se l’umanità per contro vede aprirsi sopra di sé un piano, un’ulteriore compartimento al suo sviluppo. Se ciascuno di noi può riconoscere di lavorare perché l’universo si elevi in lui e mediante di lui, di un grado in più. Allora una nuova pulsazione di energia cresce nel cuore dei lavoratori della terra… In verità, l’idea, la speranza di una planetizzazione della vita è ben più che una speculazione biologica. Più necessaria ancora nella nostra epoca della scoperta, tanto cercata, di una sorgente di energia nuova, essa può, deve fornirci il fuoco spirituale senza il quale tutti gli altri focolai materiali (accesi con tanta fatica) si spegnerebbe ben presto sulla superficie della Terra pensante: la gioia dell’azione e il gusto della vita.” [12]
Per il momento però, ancora non si sta pienamente verificando. Una cosa comunque è successa, allo scoppio della guerra, è nata una solidarietà immediata, una vicinanza totale alle persone colpite da una simile aggressione e da tanta ingiustizia. Siamo ormai tutti collegati. Possiamo scambiarci immagini, pensieri e sentimenti da tutto il pianeta con chiunque. Un’ingiustizia totale, messa in atto verso una nazione innocua e pacifica, in maniera brutale e senza senso, ha fatto ricompattare le fila di una intera umanità. Le sanzioni poste alla Russia sono state condivise da quasi tutti i popoli della terra (nonostante pesanti anche per chi le ha decise). Non hanno partecipato solo quelli che avevano un precedente rapporto di tipo economico con la Russia o con dei bisogni espansionistici similari.
Tutto il mondo occidentale si è sollevato, ha gridato allo scandalo. Quasi tutti i governi dell’Europa si sono uniti (cosa mai successa prima, nonostante gli annosi tentativi), e hanno preso delle decisioni in aiuto dell’Ucraina, nel tentativo di fermare e far capire alla Russia le sue gravi colpe. L’America stessa ha cercato di tergiversare in un primo momento, proprio per dare una completa impressione di non belligeranza, ma a un certo punto, quando i crimini contro l’umanità sono stati eccessivi, ha fornito contributi economici e armi, ma solo per difesa.
Sappiamo bene che gli uomini hanno un senso profondissimo di giustizia e l’ingiustizia palese e feroce con cui l’invasione è stata compiuta ha suscitato in tutti la corsa alla solidarietà, al soccorso, all’aiuto. Si sono mandati viveri e farmaci, vestiti e prodotti per l’igiene, giocattoli per i bambini, che erano stati brutalmente privati della loro tranquillità di vita e traumatizzati dagli allarmi, dallo scoppio delle bombe, dalle razzie dei soldati nelle case, fatte senza nessun freno, dai morti per strada. E ora sappiamo anche torturati, violentati e uccisi nel peggiore dei modi.
Le uniche sanzioni, l’unico deterrente che i paesi occidentali potevano mettere in atto per tutto ciò, senza scatenare ulteriori rappresaglie è stato quello economico. Non si è voluto, nè potuto fare diversamente per paura della minaccia atomica e per non rispondere nello stesso modo brutale e inumano. Si sono però mandate armi per aiutare i combattenti e molte persone, oltre ai soccoritori e alle missioni di pace, si sono recate in Ucraina come volontari per combattere contro l’invasione e l’ingiustizia. Non si può assistere immobili allo sterminio di un popolo, ai bombardamenti sugli ospedadi pediatrici e ostetrici, sulle scuole. Al rapimento dei bambini per convertirli a questa visione assurda e sanguinaria, arcaica, superata e malata della realtà. Al sequestro del grano già imbarcato sulle navi per nutrire una larga parte del nostro pianeta, che ha già un equilibrio socio-politico particolarmente instabile. In qualche modo bisogna fermarli, bisogna far paura, far capire che devono smettere.
“Applicata all’individuo, l’idea della morte totale, può al primo impatto non scandalizzare. Estesa all’umanità globale fa rivoltare il nostro spirito e ci dà nausea. Più l’umanità diventa consapevole della sua durata, della sua consistenza, delle sue possibilità, e anche del peso enorme che deve sopportare per sopravvivere, più capisce che, se tutto questo lavoro dovesse ritornare a zero, noi saremmo degli zimbelli; non ci rimane che rivoltarci. In una umanità planetizzata, l’esigenza di irreversibilità si sprigiona come un’esplicita esigenza dell’azione. Il che vuol dire che, simile a quelle orbite planetarie che sembrano attraversare il nostro sistema solare senza fermarvisi, la curva di coscienza, seguita nel senso delle complessità crescenti, sfora i quadri sperimentali del tempo e dello spazio per evadere, da qualche parte, verso un ultra centro di unificazione e di consistenza in cui si trova definitivamente raccolto, globalmente e in dettaglio, tutto l’insostituibile e l’incomunicabile del mondo. È il problema di Dio che inevitabilmente si intromette in biologia e si fa spazio in scienza.” [13]
Un atteggiamento di protezione rivolto al gruppo è insito in molte creature viventi, probabilmente quelle che hanno raggiunto evolutivamente un livello di sviluppo sufficientemente elevato.
L’etologia stessa ci dice che la paura e la disperazione per la propria morte individuale è potente, ma non quanto la paura dell’estinzione della razza. Si sono visti molti animali e perfino alcuni uccelli mettere in salvo una prole non propria, a rischio della incolumità individuale, in quanto era evidentemente più importante mantenere la vita nel gruppo, seppure a costo della propria.
Ma le sanzioni poste alla Russia peseranno anche su di noi. Dovremo fare delle rinunce, oltre a quello che già ci verrà a mancare per l’impossibilità dei trasporti e dell’import dal paese invaso e dai paesi confinanti, a propria volta minacciati e provati dalla vicinanza alle zone di guerra.
Ne saremo in grado?
Riusciremo a sopportare le costrizioni che ci verranno richieste per tener fede a quello che è stato stabilito? Se così fosse, potremmo veramente dire che l’insegnamento di Gesù ha cominciato a entrare nei nostri cuori.
“Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo.
E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame.
Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane».
Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».
Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo, ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede».
Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non tentare il Signore Dio tuo».
Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai».
Ma Gesù gli rispose: «Vattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto».
Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano. [14]
Saremo in grado di rifiutare il pane per ascoltare solo la parola di Dio? Per aiutare chi in questo momento ha più bisogno?
Quanto aiuto darà Satana al più prepotente, all’invasore, se continuerà a prostrarsi ai suoi piedi?
Vedremo. Infatti potevamo aspettarci che in qualche parte più remota del nostro pianeta, un po’ più indietro nello sviluppo per varie motivazioni, storiche, geografiche, meteorologiche, logistiche, per l’impossibilità di contattarsi e aggiornarsi reciprocamente con altri nel passato, ci potessero essere ancora prove di forza di questo genere, o di sopruso verso i più deboli, ma non a casa nostra, come sta succedendo. Non in Europa. È vero che nella storia a volte i più prepotenti l’hanno avuta vinta, anche perchè l’hanno raccontata come volevano, non c’era nessuno a documentare. Ora però, la possibilità di ognuno di filmare intere scene nell’immediato con il proprio cellulare, di accedere on line a delle informazioni veritiere, e di tutte le parti in causa, stanno cambiando il modo di vedere del mondo intero. La condanna e lo sfregio di immagine che la Russia si sta auto-procurando, la non affidabilità, i racconti non veri che propone, la renderanno inattendibile per decenni, l’accompagneranno per sempre nei libri di storia.
Ora gli uomini tutti hanno creato organismi internazionali per non permettere più massacri, ecatombi di questo genere. Forse, come nelle tribù primitive, la Russia verrà allontanata dalle organizzazioni mondiali per il mantenimento della sicurezza del nostro unico e fragile pianeta.
Larghi strati di popolazioni, soprattutto tra i giovani, sono diventati vegetariani per non far soffrire e ammazzare gli animali e noi siamo costretti ad assistere all’uccisione gratuita di donne, vecchi, bambini indifesi, perfino legati e giustiziati davanti agli occhi dei parenti, allo stupro di ragazze protratto fino alla morte. Cerchiamo di riciclare, di non inquinare, e loro bombardano con bombe al fosforo, sollevano polveri radioattive, consumano energie per distruggere, minano i campi che sarebbero da coltivare, che resteranno inquinati e pericolosi per anni. Campi i cui raccolti servono per sfamare le popolazioni del nord Africa e di altre zone con una endemica condizione di fame e povertà. Stanno minacciando ordigni atomici, che ben sappiamo per quanti millenni sarebbero deleteri per tutti gli abitanti della terra e per la terra stessa.
I tempi sono cambiati. Gli uomini sono continuativamente interconnessi. Stiamo cercando di far evolvere e salvare il pianeta. Sulle cose materali, ma anche nell’anima. Nessuno deve permettersi di compiere azioni così vili, malvage e assassine. Mai più.
La Noosfera, che sta crescendo sempre di più, sempre più guarda e giudica.
“Ma, ancor più, grazie a un interlegame biologico portato all’estremo con la comparsa della Riflessione, compenetrazione organizzata di tutti gli elementi, gli uni attraverso gli altri. Incontestabilmente, a una velocità sempre accelerata, la rete (una rete mondiale) di legami economici e psichici si tesse, e ci avvolge, e ci penetra senza posa sempre più strettamente. Ogni giorno un po’ di più ci diventa impossibile agire e pensare se non in forma solidale. Che cosa significa questa stretta multiforme, esterna e interna a un tempo, contro la quale sarebbe vano dibatterci? Per caso saremmo destinati, presi in un ingranaggio cieco, a perire perché soffocati su noi stessi? No. Perché man mano che l’avvolgimento si stringe e che la tensione sale, nell’immenso generatore si scopre un’utile scappatoia alle forze di super compressione. […..] La Noosfera non può funzionare se non liberando sempre più, e a un potenziale più elevato, dell’energia spirituale.” [15]
E tutti noi speriamo nella crescita in tutti i sensi, in un ulteriore passo evolutivo.
In molte scoperte scientifiche e in quasi tutte quelle mediche, gli uomini di tutte le nazioni stanno già da tempo collaborando insieme e insegnandosi l’un l’altro quello che hanno trovato o inventato per poter salvare vite umane.
Ma c’è ancora molto da fare.
Siamo entrati nel terzo millennio e volevamo iniziarlo bene. Le conquiste vogliamo farle nel benessere, nell’economia, nello sviluppo, nella ricerca, nell’uguaglianza, nella pace, e vogliamo assolutamente rispettare gli appartenenti alla nostra specie e alle speci del mondo intero. Animali e vegetali. Qualunque sia il loro sesso, la loro provenienza e il loro aspetto fisico. Ognuno ha qualcosa di diverso e di migliore da insegnare e da dare agli altri. E può essere corrisposto. Non solo si può convivere pacificamente, ma si può usufruire del benessere, della complicità, dell’allegria, della gioia e del senso di amore universale che si prova stando insieme in pace. E sicuramente tutti l’abbiamo provato almeno una volta nella vita e dovremmo desiderare di ritornarci.
La storia ci insegna che l’aggressività è l’odio non hanno mai portato a niente. Mai.
E nemmeno il narcisismo più sfrenato.
“All’interno di gruppi ristretti (nella coppia, nel gruppo) si sperimenta quotidianamente che l’unione, lungi dallo sminuire gli esseri, gli accentua, li arricchisce e li libera in se stessi. L’unione, la vera unione, l’unione di spirito e di cuore, non asservisce e non neutralizza i termini associati. Essa li super-personalizza. Generalizzate ora il fenomeno su scala terrestre. Immaginate che sotto l’effetto della stretta planetaria che si intensifica, gli uomini si sveglino alfine al senso di una solidarietà universale, fondata sulla loro profonda comunità di natura e di destino evolutivo [….. ] non sono la durezza o il rancore: è una nuova forma di Amore, non ancora sperimentata dall’uomo, che l’onda crescente intorno a noi della planetizzazione fa prognosticare e porta nelle sue pieghe.” [16]
Ognuno ha le sue caratteristiche, la sua diversità, la sua unicità, i suoi talenti, ma devono servire proprio per aggiungere ognuno qualcosa in più per costruire insieme. Per giungere finalmente a quel mondo di amore che Dio ci ha insegnato. In questo conflitto invece, anche le religioni stanno avendo parte e, ancora una volta, ci mostrano quanto sia forte l’appartenenza al proprio versante culturale e di fede, ma quanto sia utilizzato male. Che ogni persona, come ogni popolo, fosse fermamente convinta e chiedesse la protezione della propria divinità è una cosa antichissima, deriva già dall’inizio della nascita della coscienza umana, da quando l’uomo ha iniziato a percepire la natura e il mondo intorno come una madre che nutriva, proteggeva e permetteva la sopravvivenza. Quando era positiva, dimostrava la sua benevolenza verso gli uomini, mentre le catastrofi naturali e le malattie venivano valutate come una punizione per non essersi comportati nel modo adeguato. Tante e varie sono state le divinità nei millenni e vi sono sistematicamente stati proiettati dentro tutti i modi del sentire e del capire dei vari stadi della storia umana[17].
La stessa Bibbia narra come il popolo ebraico chiedesse a Dio la protezione, sebbene cercasse fino all’ultimo la non belligeranza. Significativo a questo proposito il canto di riconoscenza di Giuditta dopo l’uccisione di Oloferne:
“Lodate il mio Dio con i timpani,
cantate al Signore con cembali,
elevate a lui l’accordo del salmo e della lode;
esaltate e invocate il suo nome.
Poiché il Signore è il Dio che stronca le guerre; […]
Allora i miei poveri alzarono il grido di guerra
e quelli si spaventarono;
i miei deboli alzarono il grido
e quelli furono sconvolti;
gettarono alte grida e quelli volsero in fuga.
Come figli di donnicciole li trafissero,
li trapassarono come disertori,
perirono sotto le schiere del mio Signore.
Innalzerò al mio Dio un canto nuovo:
Signore, grande sei tu e glorioso,
mirabile nella tua potenza e invincibile” [18]
Perfino la religione cristiana, al suo apparire e diffondersi in occidente ha un suo aneddoto che dimostra la forza del suo Dio e che racconta probabilmente una storia in larga misura veritiera e reale[19].
In molte, se non tutte le guerre, ogni esercito ha combattuto credendo o affidandosi alla protezione di quello che considerava il proprio Dio, perfino se era condiviso anche col nemico, come dimenticare infatti il “God mit uns” di Hitler?
E anche in questo ultimo conflitto contro l’Ucraina, la religione ha avuto un ruolo non indifferente e Putin e il Pope Kirill hanno motivato il tentativo di conquista come fosse per una guerra santa. La prima forte motivazione è stata che la chiesa russa ortodossa non poteva permettere e accettare una realtà ormai perversa come quella occidentale, dove si praticava la sodomia, riferendosi chiaramente al mondo lgbt+, poi perchè, nella sete di conquista, le cui motivazioni sono sicuramente prevalentemente economiche, ma anche di gloria e potere personale, è stata tirata in ballo un’antica profezia, ancora accreditata ai vertici della chiesa ortodossa.
Questa millenaria profezia annunciava la teoria della terza Roma, ovvero, che il grande impero che doveva conquistare e dominare tutto il mondo, dopo quelli di Roma e di Costantinopoli, sarebbe stato quello di Mosca e della Russia. La teoria era molto drastica: o Mosca o la fine del mondo. Non ci sarebbe mai stata una quarta Roma.
Il primo a chiamare Mosca la terza Roma fu il monaco ortodosso Filofej che, intorno al 1523 iniziò a esortare il Gran Principe a capo del Principato di Mosca a combattere l’eresia, considerando che il suo Principato restava l’utimo baluardo della vera fede. Secondo Filofej, infatti, tutti i regni cristiani avevano avuto una fine e il solo che aveva ereditato e mantenuto il vero unico credo era il Regno Russo. In effetti, dopo il primo grande scisma verificatosi nel 1054 all’interno del cristianesimo che separò la Chiesa cattolica da quella ortodossa, fu proprio Mosca la sede dei patriarchi ortodossi che continuarono a predicare contro gli eretici, utilizzando questa giustificazione anche per le varie guerre contro i turchi. Conflitti che avevano sicuramente invece anche forti ragioni storiche, politiche e geografiche per l’influenza geopolitica russa nell’Europa orientale, come possiamo vedere anche ora, per il commercio e il trasporto con Cina e Africa.
La Prima Roma era stata la vera Roma, la capitale dell’Impero romano, che aveva unito sotto il suo dominio decine di popoli, per trasformarsi poi, nel IV secolo, capitale del mondo cristiano.
La seconda Roma fu Costantinopoli, riconosciuta come tale da quando i russi, nel X secolo, si erano convertiti al cristianesimo sotto l’egida dell’imperatore di Bisanzio, considerato protettore di tutti i cristiani. Dopo cinque secoli però, nel 1453, Costantinopoli, indebolita anche da crisi politiche interne, fu conquistata dagli ottomani, diventò musulmana e prese il nome di Istanbul.
A questo punto, la principale capitale dell’ortodossia divenne la città di Mosca che, tra il XV e il XVI secolo, aveva unificato una serie di territori sparsi intorno a sé e aveva raccolto vescovi, nobili, scienziati, matematici, filosofi e personaggi importanti e ricchi dell’Impero Romano d’Oriente emigrati in Russia. In questo modo si era ulteriormente rafforzata l’idea che proprio la Russia fosse la vera erede dell’Impero Romano, ma di entrambi gli Imperi, sia quello d’Oriente, che dello stesso Impero di Roma.
L’idea di Filofej venne ripresa anche nella seconda metà del XIX secolo durante il regno dell’imperatore Alessandro II e la concezione di Mosca come “Terza Roma” fu impugnata anche dal movimento russo panslavista che auspicava un’unione di tutti i popoli slavi sotto l’egida dell’Impero russo.
Dopo la rivoluzione del 1917 e l’avvento al potere dei comunisti le idee panslaviste si dissolsero, ma non i desideri espansionistici. Anche senza questa scusa, però, le mire espansionistiche di creazione di un grande Impero, facilmente riferibile a quello di Roma, per recuperare risorse e un maggior sbocco al mare, è sempre stato il nucleo delle tendenze politiche russe e forte stimolo nella psicologia nazionale, rafforzato anche da personaggi successivi alle dinastie degli zar.
L’odierno Pope, il patriarca Kirill, a sua volta ricco oligarca ed ex commilitone di Putin ed altri oligarchi, sempre con un passato nel KGB, si è dimostrato completamente asservito e molto vicino ai desideri e al pensiero di Putin e al versante della guerra. La paranoia che ha invaso infatti in tutti questi anni la mentalità di questa parte dei russi, e che viene inculcata al popolo attraverso tutti i media, comprende anche la religione. Sono convinti di un complotto nei confronti loro e della loro nazione da parte dell’Occidente, in particolare impersonata dalla NATO e dall’ONU. Ma, insieme a questo loro presupposto odio, e a questa sensazione di non essere accettati, uniscono, forse anche a scopo dimostrativo, la scissione che è stata creata dalla chiesa ucraina nei confronti della Chiesa Ortodossa di Mosca. Ma le ragioni dello scisma sono state ben altre e dipendono dalla corruzione e dall’utilizzo religioso, per i propri fini politici e personali, compiuta dalla chiesa ortodossa, dal momento stesso in cui è stata fatta risorgere dopo l’ateismo post rivoluzionario, obbligato durante i governi di Lenin e di Stalin. Tutto ciò ha fatto sì che sia stato dato, come motivazione all”Operazione militare speciale’ svolta in Ucraina, un forte valore morale, per contrastare un Occidente corrotto in cui si praticavano obrobri, primo fra tutti la sodomia (notare ad es. che in Russia l’interruzione di maternità è libera). Inoltre, altro motivo ufficiale, era di andare a salvare i fratelli russofoni schiacciati dagli Ucraini. Sia Putin che Kirill, hanno cercato di ammantare di sacralità il tutto, citando addirittura la Bibbia per invadere Donbass e Crimea, peraltro regioni assolutamente libere e fino a quel momento democratiche, e hanno invece distrutto e devastato tutta una nazione, compresa la capitale. Distruzione sordida e brutale che nulla ha a che fare con la salvezza degli abitanti di quelle regioni, barbaramente uccisi e deportati…..
Purtroppo questo è stato sufficiente per giustificare l’aggressione da parte di un popolo largamente mantenuto in povertà e ignoranza, che si è sempre accontentato degli aiuti di stato e di un minimo di sicurezza, ad un altro popolo che stava invece, e con personale fatica, costruendo la propria stabilità e recuperando la propria identità vera.
La Russia (meglio l’URSS) non è nuova a questi tentativi di invasione. Ha provato infatti a sottomettere e annettere tutti i popoli confinanti, che sono tutt’ora terrorizzati dall’idea di ricostruzione dell’ex Impero Sovietico (tranne quelli in cui sono stati messi a capo dei loro vassalli). Purtroppo però, la mentalità ancora dominante nella parte più potente del governo russo, è ancora così arcaica da non riuscire a comprendere che l’unico dominio che può contare nel mondo odierno è lo scambio commerciale, l’apertura al turismo, il crescere insieme delle nuove generazioni, lo scambio culturale. Questo sì può portare ad una grande ricchezza economica, intellettuale e di sviluppo.
Comunque andranno le cose però, dopo gli eventi bellici di quest’anno, e sempre nella speranza che non venga scatenato un conflitto atomico, dal quale non si sa cosa potrebbe riemergere della nostra povera umanità, l’odio, il rancore e la paura verso la Russia continueranno per un buon numero di anni, così come ancora si tramanda il ricordo dell’holodomor[20]. E questo non è bene, specialmente per loro, che sono un popolo in larga misura ancora povero e con un estremo bisogno di crescita, di miglioramento di stile di vita, e di aumento dell’istruzione e della cultura.
Gli stati confinanti, tenuti neutrali dopo la fine della seconda guerra mondiale, proprio per garanzia di non belligeranza verso la Russia, stanno ora chiedendo di entrare nella NATO, perchè tutta la parte nord-est dell’Europa e tutto il così detto Occidente, dopo questa ulteriore invasione non si fida e teme nuovi conflitti.
Occidente però, che negli anni ha appreso e consolidato l’idea di democrazia, di pace, di forza nella collaborazione e condivisione, validando in maniera assoluta ciò che già Teilhard, con la sua lungimiranza e meravigliosa analisi sia scientifica che psicologica e teologica aveva fatto nonostante e alla fine della seconda guerra mondiale.
“Prova scientifica, infine: ciò che caratterizza dalle origini lo sviluppo delle specie animali è la lotta per la vita; come immaginare di liberarci, noi poveri umani, da questa essenziale condizione biologica, al di fuori della quale non esiste movimento o progresso? […] Fino all’uomo, i rami o foglietti che formano le diverse specie viventi tendevano immancabilmente a separarsi e a divergere sempre più gli uni dagli altri nel corso del loro sviluppo. A partire dall’uomo, al contrario (in seguito al grande fenomeno psicologico della “riflessione”), questi stessi foglietti cambiano del tutto il loro andamento. Anziché separarsi e staccarsi iniziano a piegarsi ed arrotolarsi gli uni sugli altri, in modo da formare poco a poco (etnie, popoli, nazioni, tutti assieme) una sorta di superorganismo unicosciente […] Allora tutto si modifica radicalmente nell’antica economia della natura: perché per poter sussistere, tra rami convergenti, non si tratta più, ormai, di eliminarsi ma di unirsi. Ciò che un tempo forzava alla guerra oggi spinge alla pace. Per applicarsi all’uomo le leggi di conservazione e di sopravvivenza zoologica devono dunque cambiar segno. L’intero fenomeno si capovolge. Cosa che provoca probabilmente proprio le terribili scosse che abbiamo appena subito [….] Le Antiche forze disgiuntive di superficie si urtano con un consolidamento di fondo che già sta progredendo […] difficilmente si sfugge alla convinzione che, malgrado la quantità di apparenze contrarie, non solo l’umanità è capace di pace, ma per di più, per struttura, non può fare a meno di emergere un giorno nella pace […] E’ più facile che la terra smetta di girare piuttosto che l’umanità, presa nel suo insieme, smetta di organizzarsi e unificarsi. Perché, se questo movimento interiore giungesse a fermarsi, l’universo stesso, nell’uomo, fallirebbe nel riflettersi e totalizarsi […] la tendenza essenziale all’Unione può fallire nel dettaglio, ma non potrebbe (senza contraddizione “cosmica”) sbagliare statisticamente […] In un giorno a venire la pace è dunque assicurata. Fatalmente, con una fatalità che non è altro che libertà suprema, noi andiamo alla deriva, faticosamente e criticamente, verso la pace. […] Una condizione stabile di convergenza e di concentrazione crescenti. Un grande impegno organizzato.” [21]
NOTE
[1]P. Teilhard de Chardin, L’ambiente Divino, ed. Queriniana, pag.35
[2]E.Fromm, Anatomia della distruttività umana, ed. Oscar Mondadori, pag. 133
[3]Ibidem pag. 177
[4] J. Campbell, Mitologia primitiva, Le maschere di Dio, Oscar saggi Mondadori, pag.431
[5]E.Fromm Anatomia della distruttività umana, Ed Oscar Mondadori, pag. 186
[6] M. Mead, Sesso e temperamento in tre società primitive, Ed. Mondadori
[7]Ibidem, pag.178
[8] Lo stesso tipo di comportamento fu registrato dalla Mead studiando la popolazione ancora molto arretrata dei Mundugumor della Nuova Guinea, mangiatori di teste, dove i bambini, prima ancora di raggiungere l’adolescenza erano tenuti a uccidere almeno un prigioniero fatto dal padre per il rituale banchetto di carne umana. Era questo un addestramento per poi essere in grado di procurarsi autonomamente altre teste.
[9] E. Fromm, L’amore per la vita, Ed. Mondadori, pag. 63
[10] Ibidem pagina 123
[11] P. Teilhard de Chardin, Il cuore della materia, Queriniana, pag. 36
[12] P. Teilhard de Chardin, L’avvenire dell’Uomo, Ed. Jaca Book, pag. 97
[13] P. Teilhard de Chardin, L’avvenire dell’uomo, Ed. Jaka Book, Pag. 152
[14] Vangelo di Matteo, 4,1-11
[15] P. Teilhard de Chardin, L’avvenire dell’Uomo, Ed. Jaca Book, pag. 144 – 145
[16] Ibidem, pag. 98
[17] Per un approfondimento di questo argomento, riferirsi al libro ‘Dalla fiaba al mito dal rito all’inconscio’ M. Zaoli, Ed. Panozzo
[18]Bibbia, Giuditta, 16,15
[19] Quando a Roma, nel 312, ci fu il definitivo combattimento per il comando della città e dell’Impero, e si fronteggiarono i due imperatori, Massenzio e Costantino, quest’ultimo fu protagonista di un episodio molto particolare. Anche se bisogna considerare che sua madre si era convertita al cristianesimo e si sarebbe poi spesa tantissimo per la ricerca della vera croce della crocefissione di Gesù, tanto da essere canonizzata come Sant’Elena.
Secondo il racconto di Costantino e dei suoi uomini, nei giorni in cui si dovevano decidere le sorti di chi dovesse essere Imperatore a Roma, poco dopo il mezzogiorno, al di sopra del sole, in mezzo al cielo, si stagliò una croce di luce con la famosa scritta “In hoc signo vinces“. Sul momento nessuno capì il significato di questa strana visione, ma durante la notte, in un sonno agitato da molti interrogativi, Costantino sognò il Cristo, colui che si dichiarava figlio del Dio degli Ebrei, che gli disse di ricorrere a quel simbolo per essere aiutato in caso di bisogno. Costantino fece allora dipingere o apporre la croce di Cristo su tutti gli scudi e gli stendardi e, in un terribile scontro contro Massenzio ai Saxa Rubra, vicino al ponte Milvio, vinse, diventando così l’unico Augusto a capo dell’Impero di Occidente. L’anno dopo nel 313 lo stesso Imperatore, insieme a Licinio, Imperatore d’Oriente (poi pentitosi e tornato persecutore) emanò un editto di tolleranza nei confronti della religione cristiana e la rese lecita al pari delle altre religioni che si professavano nell’Impero. Decretò in seguito che la domenica diventasse un giorno festivo per potersi fermare a pregare.
[20]Carestia provocata dalla Russia in Ucraina tramite espropriazione delle terre e che causò milioni di morti, soprattutto bambini.
[21] P. Teilhard de Chardin, L’avvenire dell’uomo, Ed. Jaca Book, pag. 126-28