A cura di Nicoletta Amodio

Nel testo di Marino Ruzzenenti, nella prima sezione, si snocciolano biografia e prolifica produzione saggistica del pensatore, mentre la seconda è dedicata ad un’antologia dei sui contributi più significativi. Il punto di raccordo è la compenetrazione tra le istanze scientifiche e quelle sociali, che ne fanno da asse portante lungo tutto il percorso pluridecennale; le prime osservazioni muovono da una base merceologica e si focalizzano sull’analisi del metabolismo delle merci, nell’ottica dell’applicazione di leggi biofisiche al campo economico, così da evidenziare i confini strutturali dello sviluppo, mentre la prospettiva assunta dal punto di vista di una cattolicesimo conciliare, nonché della più fine ed articolata sensibilità comunistica italiana, non possono non far esitare la riflessione dell’autore nella consapevolezza che la crisi ecologica sia indissolubilmente legata a quella sociale.
Proprio a tal proposito, Nebbia richiama il pensiero classico e cerca di attualizzarlo, calandolo nel nostro presente; lo fa con Marx, autore che – a suo parere – più di ogni altro suggerisce elementi assai interessanti di analisi, volti a rimarcare quanto il modo di produzione capitalistico sia la scaturigine della disfunzionalità venutasi a creare tra uomo e natura, nonché porre le fondamenta per ovviare a quella che pare essere ormai esiziale crisi ecologica.
La rilettura di Marx, operata da Nebbia in virtù della sua convinzione cattolica profonda e mutuata altresì da quella di uno scienziato, il suo mentore Walter Ciusa – che aveva già fatto propria la visione della merceologia – rende la riflessione sul rapporto critico tra economia ed ecologia ancora più fecondo, poiché rafforza l’idea che la crisi ecologica possa essere mitigata unicamente se sganciata dalla dittatura del PIL; dall’ossessione, cioè – connaturata, peraltro, alla dimensione capitalistica – che la priorità e rilevanza dei fenomeni umani valga solo in connessione ad una capacità di monetizzazione, di profitto.
Soltanto l’essere disposti a ribaltare il paradigma di supremazia della dittatura economica – alla quale tutta la complessità dell’umano deve piegarsi, mortificandosi – può davvero far sperare nel rispetto dei vincoli ecologici, giungendo ad un vero e proprio sano culto dell’ecoantropocentrismo, come lo definiva Latouche, che intendeva superare la dialettica contrapposizione tra antropocentrismo e biocentrismo o ecocentrismo.
E’ attraverso la cultura, dunque, che il legame fra uomo e natura può concretizzarsi in maniera proficua, come suggerì Prometeo, che la rese condizione imprescindibile per il superamento da parte dello stesso del suo angusto carattere meramente biologico.
L’economia umana, pertanto, non può considerarsi senza freni, avulsa da qualsiasi regola e deve porsi delle soglie, proprio perché ciò che è necessario a rendere soddisfacente la vita degli uomini non è senza fondo.
Oltre al tema del “limite”, un altro spunto interessante, ben coglibile dagli scritti di Nebbia, è quello del rapporto alienato con la terra; sulla scorta di tale riflessione, si incastona quella secondo cui ciascuna pianta necessiti, ogni anno, di una certa quantità di elementi nutritivi. Il suo sviluppo è ostacolato, però, se tali sostanze vitali sono nel
terreno in proporzione inferiore rispetto al suo fabbisogno; quindi, è importante rifarsi alla “legge del minimo”, che reca con sé pure quella che Liebig definiva “legge della restituzione”: è inderogabile, appunto, rendere alla terra questi nutrienti per un mantenimento fertile e duraturo. In caso contrario, il suo sfruttamento sarà intensivo,
rapace, predatorio, condannandola alla morte.
Saranno questa convinzione ed altre affini, dice Nebbia, a spingere Marx verso l’assunzione del fatto che sussistano limiti alla modificazione antropica, tecnica e scientifica della natura, che gli uomini non possono ignorare.
Ciò, di conseguenza, comporta la demolizione di ogni idolatria della crescita cieca ed indiscriminata delle forze produttive, di ogni scriteriata pulsione di dominio sulla natura, che il sistema capitalistico assurge a suo tratto distintivo, consolidando quella che, in nuce, era una legittima ipotesi: l’alienazione del lavoro salariato è inscindibilmente connessa all’alienazione del rapporto con la natura. Come non essere, dunque, grati a Nebbia che – con grande perizia e solerzia – ci ha invitati a riguardare Marx, già pensatore avanguardista, in una chiave che, a tratti, può far paura per la sua attualità e, soprattutto, profeticità.
Non a caso, egli conclude il suo saggio facendo notare come “proprio alla nostra epoca è toccata la sorte di vedere attuata l’anticipazione di Marx”.
MARINO RUZZENENTI
GIORGIO NEBBIA PRECURSORE DELLA DECRESCITA” – L’ecologia comanda l’economia”, Jaca Book 2022, pp. 144